mercoledì 31 ottobre 2007

IL SINDACATO IN ITALIA - CONTRADDIZIONI

Occuparsi del Sindacato, chissà per quale motivo, non è critico ma sempre anti sindacale. Sono intoccabili come una vergine vestale. Ma di questi tempi, con gli operai di Torino e Milano che fischiano e spernacchiano impuniti, potremo sfrontatamente esaminare qualche aspetto contraddittorio dell'attuale panorama sindacale italiano.
il Sindacato dei Lavoratori nel nostro paese, sia esso identificato come si vuole, rappresenta per buona parte quelli che non lavorano più, e sottoscrive accordi che non valgono nulla.
Se pensate che abbia scritto una gran cazzata fatevi una bella risata, ma poi seguite il semplice ragionamento che vi propongo. La questione della validità degli accordi è storicamente lunga, e trova origine nella volontà dei Costituenti di lasciare libera da condizionamenti l'attività sindacale, in precedenza sottoposta a rigidi controlli da parte del regime fascista. Nella Carta Fondamentale questo avviene realizzato attraverso l'art. 39, che riproduco integralmente:

Costituzione Italiana, Art. 39.

L'organizzazione sindacale è libera.

Ai sindacati non può essere imposto altro obbligo se non la loro registrazione presso uffici locali o centrali, secondo le norme di legge.

È condizione per la registrazione che gli statuti dei sindacati sanciscano un ordinamento interno a base democratica.

I sindacati registrati hanno personalità giuridica. Possono, rappresentati unitariamente in proporzione dei loro iscritti, stipulare contratti collettivi di lavoro con efficacia obbligatoria per tutti gli appartenenti alle categorie alle quali il contratto si riferisce.

Il I° comma dell'art. 39 sancisce categoricamente la libertà delle organizzazioni sindacali, cui “ ...non può essere imposto altro obbligo se non la loro registrazione...”.
Se lo scopo della norma è palesemente quello di evitare ogni possibile intromissione dello Stato o di un suo potere, viene però imposto l'obbligo di registrazione, che attribuisce alle organizzazioni sindacali la personalità giuridica, a sua volta presupposto per la stipula di contratti collettivi di lavoro con efficacia obbligatoria "...
per tutti gli appartenenti alle categorie alle quali il contratto si riferisce."
Lo dice la Costituzione, mica io.
I Sindacati quindi, secondo l'art. 39 della nostra Costituzione, devono registrarsi per essere soggetti di diritto idonei a stipulare contratti collettivi (i famosi CCNL).
E per registrarsi sono sottratti ad ogni preventiva valutazione di chicchessia, basta che i loro Statuti prevedano ordinamenti interni realizzati su base democratica (Statuto CGIL; Statuto CISL; Statuto UIL)
III° co. È condizione per la registrazione che gli statuti dei sindacati sanciscano un ordinamento interno a base democratica.”
Nulla più.
Eppure i sindacati non si sono mai registrati in oltre 60 anni.
E qual'è, allora, il destino dei contratti collettivi di lavoro, sottoscritti da un soggetto (non registrato) privo delle qualità richieste dall'articolo 39?
Nella migliore delle ipotesi, alla lettera dell'art. 1425 Codice Civile, annullabili perché stipulati da una parte legalmente incapace di contrattare, e quindi invalidabili dai soggetti che risultino danneggiati dal vizio del consenso.
Basterebbe, forse, un metalmeccanico inferocito per mandare in vacca i contratti collettivi di lavoro, per le cui sorti scendono rumorosamente in piazza milioni di persone.
Sempre che non si voglia accettare, con sofisticate elucubrazioni dottrinarie, che la Costituzione non voleva dire proprio quello che i Padri Costituenti hanno scritto con molta chiarezza, ma che noi potevamo fare a nostro "tiramento di culo".
Devo riconoscere che sarebbe una scoperta rivoluzionaria, e mortificata da una paternità modesta come la mia.
Però ammettete che il ragionamento fila, o se non altro, che appare molto suggestivo.
Altro punto da approfondire è la reale rappresentatività delle Confederazioni Sindacali, CGIL CISL e UIL.
I dati forniti dalle stesse Confederazioni, infatti, evidenziano una sindacalizzazione complessiva pari a circa la metà della popolazione attiva del paese.
Su 24 milioni di lavoratori (Eurostat), meno di 12 posseggono una tessera, e quasi 6 sono in pensione.
Riporto i dati disponibili e fornisco i relativi link (a destra i pensionati di ogni Confederazione).

Totale tesserati CISL: 4.346.952 - Federazione Nazionale Pensionati: 2.173.431
Totale tesserati UIL: 1.935.925 - Pensionati 552.713
Totale tesserati CGIL: 5.566.609 - Sindacato Nazionale Pensionati: 2.879.511

Questi elementi permettono di eseguire due ordini di considerazioni.
La prima è relativa ad un potere di rappresentanza straordinario attribuito alle Associazioni Sindacali, che negoziano in rapporto di ¼ sull'intera forza produttiva (composta in parte anche da imprenditori, chiaro).
Nella pratica è come se un quartiere cittadino decidesse da solo col progettista su come realizzare un piano regolatore comunale.
La seconda, invece, presenta risvolti molto più divertenti.
Se l'antagonismo sindacale è comunque da sostenere, quale indispensabile contraddittorio nella negoziazione salariale con i datori di lavoro, certo vien da chiedersi se non vi sia alcuna contraddizione nel sostenere contemporaneamente le ragioni di lavoratori e pensionati, che sono contrapposte ed ormai in rapporto paritario tra loro all'interno delle diverse Confederazioni.
La spesa sociale necessaria per garantire il maggior benessere della popolazione inattiva, va intuitivamente corrisposta da quella attiva.
E se io li rappresento tutti e due, nell'interesse di chi mi adopero?
La risposta sarebbe certamente corale: di entrambi, perdindirindina!
Ma se ottengo un vantaggio per il pensionato, siamo proprio sicuri che non inchiappetto il lavoratore?
Mi permetto, quanto meno, di segnalare l'anomalia.
Chissà che qualche Garante non legga questo post.



LE ASSOCIAZIONI A TUTELA DEI CONSUMATI

E' di qualche giorno fa una notizia attesa da tempo, che dimostra come l'indennizzo diretto, vale a dire il meccanismo risarcitorio dei danni provocati dalla circolazione stradale introdotto a febbraio del 2007, sia una chiavica tremenda.
Il tema trattato, lo ricordo, riguarda le assicurazioni, grazie al decreto Bersani investite (mi si perdoni l'allusione) del gravoso compito di determinare autonomamente l'ammontare dei risarcimenti da pagare.
Adesso, infatti, funziona così: il danneggiato chiede il pagamento dei danni subiti alla propria compagnia, che non è tenuta a riconoscergli alcuna spesa di assistenza legale (o comunque qualificata) nella gestione della pratica, ad eccezione delle eventuali spese per una relazione Medico Legale privata, nel caso in cui si siano subiti danni alla persona.
Il danneggiato, lo capisce anche un bambino di 3 anni, non sa come interpretare la relazione medica e deve rivolgersi a spese proprie a qualcuno che gliela 'traduca', spesso rinunciando.
Tradotto in parole povere abbiamo realizzato un sistema dove il debitore (l'assicurazione) stabilisce quanto dare al creditore (danneggiato), sempre che questi non pensi (a proprie spese) di poter pretendere di più.
Il principio è talmente aberrante che si commenta da solo.
Non è neanche il caso di ragionare, chiaramente, su chi riceva un vantaggio da questa situazione.
Ma tant'è, togliere tutela al consumatore determinerà benefici incalcolabili tra i quali la tanto agognata riduzione delle tariffe RCA.
Molte associazioni di Consumatori avallando e sottoscrivendo l'operazione, lo hanno sottolineato come tante cocorite, vediamone alcune, attraverso i rispettivi comunicati stampa:

Adiconsum

Adusbef

Federconsumatori


Bene, la notizia di cui facevo cenno all'inizio del post è questa: INDENNIZZO DIRETTO – I MOTOCICLISTI PAGHERANNO IL 50% IN PIU' IL COSTO DELLA COPERTURA ASSICURATIVA. La fonte è “Il Sole24Ore”, ed è tratta da un sito specializzato di avvocati esperti di infortunistica stradale, L'Unarca.

Vengono da chiedersi tante cose..............

martedì 30 ottobre 2007

SICUREZZA ED IMPRONTE DIGITALI, CHI NON LE VUOLE?


Qualche tempo fa, grazie alle mille risorse messe a disposizione dalla rete, ho deciso di approfondire un tema che mi sembrava per molti versi banale, quello delle impronte digitali.
Ritenevo infatti del tutto normale che in un paese come il nostro, in perenne allerta criminalità, si potesse quantomeno migliorare la situazione ricorrendo alla raccolta dei dati biometrici delle persone censite o fermate perchè clandestine.
Quando hanno richiesto le mie, al rinnovo della Carta di Identità elettronica, non ci ho trovato nulla di male, anzi, mi è sembrato del tutto naturale.
Ma sbagliavo, perché non avevo considerato le innumerevoli problematiche legate alla 'privacy' violata, al regime di polizia che si sarebbe instaurato, alla copertura finanziaria di una operazione che, pare, possa giungere a costare 35 € per ogni rilevamento.
Provate per curiosità a cercare documentazione sulla materia su Internet e verrete travolti da una miriade di commenti, penso anche autorevoli, sui rischi legati alla schedatura di massa.
Per evitare di essere catalogato sbrigativamente tra i forcaioli del Nord Est, allevato a pane e Padania, ho deciso di proseguire queste righe prendendo spunto da un dato semplice semplice, la definizione di sicurezza data da un comune Dizionario della Lingua Italiana De Agostini:
Sicurezza Sostantivo Femminile: condizione, stato di esenzione da pericoli, il non correre alcun pericolo.
Bene, il punto di partenza è adesso oggettivo, sgravato da ogni cornice o contaminazione ideologica.
La sicurezza è dunque uno stato quasi tantrico, lieve e sicuramente piacevole, di rilassatezza fisica e psicologica.
Evita la tensione muscolare e mentale necessarie per garantirsi l'incolumità o la sopravvivenza.
E' uno strumento essenziale al raggiungimento del benessere 'evoluto', che permette di destinare le nostre migliori risorse in attività diverse da quelle altrimenti impegnate nell'evitare un qualche pregiudizio personale, proprio od altrui.
Credo sia quindi un bene prezioso, un diritto sacrosanto del quale dovrebbero poter godere tutti, italiani e stranieri, anche a costo di qualche tollerabile sacrificio.
Un passo elementare in questa direzione, a mio avviso, consiste nell'attribuire a tutti un'identità.
Gli immigrati italiani, che a fine '800 scontavano la quarantena all'ingresso negli Stati Uniti nella celebre Staten Island, a New York, dovevano in ogni caso fornire un nome e un cognome ai funzionari statunitensi, pur in assenza di documenti che spesso non avevano mai posseduto.
Li chiamavano con disprezzo WOP (S), acronimo di WithOut Passports e tutt'ora questo termine viene usato per identificare la comunità italo-americana.
Ora la tecnologia ci offre strumenti molto più efficaci dell'invenzione di un nome di fantasia al momento dello sbarco.
Milioni di persone (di ogni razza e colore), nel rinnovare i propri documenti di identità devono già appoggiare l'indice della mano destra su un sensore che ne memorizza il dermatoglifo, e c'è da chiedersi quale terribile attentato alla democrazia possa rappresentare l'estensione di questo obbligo anche a quelle persone, spesso clandestine, che vengono sottoposte a fermo nel corso delle attività ordinarie di polizia.
Eppure pare che per alcuni soloni delle solidarietà ad ogni costo l'ordine delle priorità risulti diverso, e che la mancanza di sicurezza sia insinuata nell'uso del mezzo tecnico, anziché dalle conseguenze della vita in clandestinità.
Verò è, per onestà, che le figure del clandestino e del delinquente non sempre coincidono.
Teniamone atto e, tra tante sanatorie fiume sollecitate dal mondo cattolico e terzomondista, perchè non offrirne una che conceda un permesso di soggiorno temporaneo a chi accetta di sottoporsi ai rilevamenti delle impronte digitali?
Se censiamo, e non schediamo che è obbiettivamente diverso, la popolazione residente non potremo certo prevenire il compimento di nuovi delitti, ma possiamo efficacemente contrastare molti di quelli commessi o forse, chissà, scoraggiarne alcuni.
A chi giova quindi negare l'utilità pratica e criminal preventiva di poter identificare tutti i membri di una comunità?
E perché tale onere deve ricadere solo sulle persone, anche straniere, che 'si presentano' ufficialmente al gruppo di cui chiedono di far parte?
E' forse questo equo, oppure giusto?
In Italia si sono create due popolazioni, una reale e una clandestina.
E' superfluo indicare quale delle due lo Stato dovrebbe tutelare con determinazione, ed in questa, ricordiamolo, vi sono tanti immigrati che meriterebbe ben più considerazione di quella che ricevono. Allego un link sull'uso delle rilevazioni biometriche in Svizzera, ben precedente alla vittoria elettorale delle destra. Leggiamola e pensiamoci su.


venerdì 26 ottobre 2007

L'EURO NON ESISTE E SE ESISTE E' MONA


Tommaso Padoa Schioppa è celebrato tra i "Padri dell'Euro", ma nel fissare i tetti per usufrire delle detrazioni fiscali in favore dei bamboccioni utilizza, di fatto, le vecchie Lire (Dio le abbia in gloria).
Osserviamo: "La nuova detrazione varia dai 495,8 euro in tre anni se il reddito complessivo supera i 15.493,71 euro ma non i 30.987,41 euro, ai 991,6 euro (sempre in tre anni) se il reddito non supera i 15.493,71 euro."
Non credo di essere l'unico che si è posto questa domanda: ma quale cervellone sofisticato avrà partorito la somma di 15.493,71 euro per stabilire qual'è il reddito limite?
Si saranno avvalsi della preziosa consulenza di un Nobel
in fieri?
Il virtuoso cesellatore di radici cubiche che assiste il Ministro dell'Economia è presto smascherato........
€ 15.493,71 = £. 30.000.000 (: 1936,27 coincide);
€ 30.987,41 = £. 60.000.000 (: 1936,27 coincide).
Andiamo poi ai vantaggi fiscali:
€ 495,8 = £. 960.000 (: 1936,27 coincide)
€ 991,6= £. 1.920.000 (: 1936,27 coincide)
Ma allora, il padre dell'euro ha scoperto di avere un figlio mona?

PADOA SCHIOPPA ERA UN BAMBOCCIONE?

Il bellunese Tommaso Padoa Schioppa, 67 anni, figlio di Fabio, amministratore delegato delle Assicurazioni Generali, si laurea alla Bocconi a 26 anni e risulta aver iniziato la propria carriera professionale tra il 1967 ed il 1968 (cfr. scheda su Wikipedia). In quest'anno collabora già con la Banca d'Italia, mentre nel 1970 consegue un Master presso il prestigioso MIT (Em-ài-tì) di Boston. Bene, sempre ammesso, e potremmo doverci rimangiare tutto, che fino all'assunzione in Banca d'Italia non si fosse reso già da tempo indipendente, anche economicamente, potremo farlo rientrare a pieno titolo nella categoria dei "bamboccioni" (20/30enni). Oltre che inorgoglirci questo dato, se trovasse conferma, ridimensionerebbe l'infelice uscita del Ministro sugli italici Tanguy, pubblicata suscitando un mare di polemiche sul Corriere della Sera.Il padre dell'Euro non voleva offendere nessuno, altrimenti si sarebbe zappato i piedi da solo. Certo viene da chiedersi se fosse proprio necessario usare quei toni sgradevoli e puntare l'indice verso persone che sono costrette a rimanere in casa per l'impossibilità economica di affrancarsi dalla sfera familiare. Ma Tommaso ora ci tende la sua mano, ponendoci una domanda da nonno inacidito: "Adesso voglio proprio vedere che scusa troverete ancora!". Scusa nonno Tommy, ma cosa ci faccio con 991 euro in tre anni come contributo sull'affitto di 18.000 (oltre all'Istat)? E se aspetto che la Signora Spitz in Follini (Direttrice dell'Agenzia del Demanio) mi costruisca gli immobili ad uso abitativo da affittare a canoni calmierati (il 50% del prezzo di mercato) mi farai poi la romanzina se non riesco puntualmente a pagarti 600 euro per la locazione di 80 mq in periferia?

mercoledì 24 ottobre 2007

AUMENTI NELLE ASSICURAZIONI?

Il Consiglio dei Ministri ha ritoccato, giustamente a mio avviso, i massimali delle polizze Rca.
Il minimo, € 774.685, 35 viene portato a € 5.000.000,00 per il caso di danno alla persona ed a € 1.000.000,00 per il solo danno a cose. Temo, però, che qualche altra decina di euro ci sparirà dal portamonete, anche in ragione della bassa incidenza statistica di risarcimenti così alti.
Che sia un ulteriore regalo agli amici prima di lasciare il governo del paese?
Finanza e mercati del 24.10

TONINO BUMAYE! TONINO BUMAYE!

Per evitare che qualcuno abbia l'ardire di accusarmi di incitare alla violenza devo svolgere una breve premessa.

Nel 1974 si svolse nello Zaire un memorabile incontro di boxe tra Mohamed Alì e George Foreman, con il primo a catalizzare su di sé l'appoggio dell'opinione pubblica e della popolazione zairese. Mohamed Alì, discendente di schiavi, renitente alla leva in Vietnam, convertito all'Islam, grande accusatore delle discriminazioni razziali ancora presenti in quegli anni negli Stati Uniti, venne accompagnato negli allenamenti ed al ring dal grido degli spettatori “Alì Bumaye!" (Alì uccidilo), mentre Foreman, pugile eccellente, divenuto suo malgrado il campione di quanti volessero contrastare (anche politicamente) Alì, non riuscì ad evitare che quell'incontro di boxe trascendesse l'evento sportivo in sè e per sè. Si preparò al match con i soli i membri del suo staff e perse all'ottavo round di un combattimento entrato nella storia, a Kinshasa, davanti a 100.000 spettatori che incitavano l'avversario: "Alì Bumaye!".

L'immagine di quel grande evento sportivo mi ricorda, idealmente, l'attuale scontro politico tra i Ministri Di Pietro e Mastella, cui assistono milioni di cittadini italiani che a differenza della gente di Kinshasa aspettano rassegnatamente di vedere se George Mastella vada o meno, da solo, al tappeto.

Gli italiani non possono che essere rassegnati, perché temono che Mohamed Di Pietro non tirerà nemmeno un colpo di tosse, per non dare un dispiacere al sempre più sereno Romano Prodi (nella foto, rubata in un momento in cui era molto turbato).

Ma se Tonino non mollasse la presa, anzi la serrasse, chissà che da lontano non si possa cominciare a sentire un “Tonino Bumaye!” che monta.

George Mastella ne ha combinate una più di Bertoldo, non può farla sempre franca, non pagare mai dazio e pretendere pure di farci passare per fessi.

Ricordiamogli l'ipocrita comunicato stampa del Ministero (da lui presieduto) del 25.09.2007, che indicava l'iniziativa disciplinare nei confronti del dottor De Magistris come determinata da INCHIESTE DIVERSE da quella denominata “Why Not”.

Ricordiamogli che la Costituzione attribuisce al Ministro della Giustizia LA FACOLTA', e non l'obbligo, di promuovere l'azione disciplinare:

Art. 107.

I magistrati sono inamovibili. Non possono essere dispensati o sospesi dal servizio né destinati ad altre sedi o funzioni se non in seguito a decisione del Consiglio superiore della magistratura, adottata o per i motivi e con le garanzie di difesa stabilite dall’ordinamento giudiziario o con il loro consenso.

Il Ministro della giustizia ha facoltà di promuovere l’azione disciplinare.

I magistrati si distinguono fra loro soltanto per diversità di funzioni.

Il pubblico ministero gode delle garanzie stabilite nei suoi riguardi dalle norme sull’ordinamento giudiziario.

A raccontare la vicenda De Magistris all'estero ci sarebbe da farli sbellicare dalle risate. Un magistrato indaga (ha! ha! ha! really?), su un o sperpero di fondi pubblici e comunitari in Calabria e Basilicata (mmmh....) nel quale risulta coinvolto, non si sa ancora bene a che titolo, il Ministro della Giustizia (ha! ha! ha! really?). Il Ministro chiede che quel magistrato venga rimosso (ha! ha! ha! really?), ma non perchè impegnato in quella inchiesta, bensì perchè colpevole di aver commesso alcuni errori in altre tre (hu! hu! hu! are you joking me?). Il Ministro, infatti, si è trovato costretto a dar corso ad alcune segnalazioni degli uffici ministeriali (ha! ha! ha! italians are so smart.....), mica si sarebbe preteso che non desse seguito ai suoi doveri? Ma il Ministro non ci riesce, perchè chi formalmente deve censurare (e trasferire) il magistrato prende tempo e rinvia la decisione (Ok, this is tipical..) Tempestivamente trapela ai giornali (nooooo! Only in Italy!) che sarebbe indagato il Ministro. Ecceccazzo! Possibile che la galanteria non sia più di questo paese? Ma come si può dirigere serenamente un'inchiesta che coinvolge una persona che ti voleva mandare in castigo al Tribunale di Orzinuovi? (Oooooh.... Finally.... somebody thinking fair...) Oplà! E io o De Magistris, ti avoco l'inghiezta e me la brendo nel zommo inderesse tella Ciustizzia e tel Paeze. Ma non benziate ghe la Ciustizzia venga inzabbiata, li 'nguirendi perzeguiranno ogni ipotezi ti reato (Wow, what an happy end!)
TONINO, VUOI FAR SALVA LA "CADREGA" E PASSARE SOPRA A TUTTO QUESTO?

TONINO BUMAYE! TONINO BUMAYE! TONINO BUMAYE!

lunedì 22 ottobre 2007

SE LO DICE ANCHE BANKITALIA........

Copio il link di un interessante articolo pubblicato oggi sul sito dell'Agenzia Ansa.
Ne risulterebbe evidenziato un sensibile gap nelle retribuzioni tra i giovani e gli anziani, pari al 35%.
http://www.ansa.it/opencms/export/site/notizie/rubriche/altrenotizie/visualizza_new.html_71564438.html

venerdì 19 ottobre 2007

Fra poco la gente scenderà in piazza, con in mano il forcone anzichè le bandiere

Sono terribilmente incazzato, e forse un blog può servirmi per smaltire la bile accumulata. Comincio con il riassumere alcuni dei motivi dell'incazzatura:

LA CASA. Ho più di 40 anni ed ho dovuto indebitarmi fino a 72 per comprare la mia, di sontuosi 76 mq da ristrutturare, quando i miei genitori (figli del difficile dopoguerra) il tetto sopra la testa in proprietà ce l'avevano da 44 primavere. Mia madre, preciso, ha fatto la casalinga fino a quando sono andato all'Università, per cui le uniche risorse economiche utilizzabili erano rappresentate dallo stipendio di mio padre. Gli atti notarili di provenienza attestano che la mia prima casa, non realizzata in regime di edilizia popolare, è stata acquistata dal precedente proprietario nel 1968 per circa 2.400.000 Lire di allora. Ho rivalutato quella somma per curiosità ed ho scoperto quanto riportato nella tabella che segue:
Data decorrenza
Gennaio 1968
Data scadenza
Settembre 2007

Indice utilizzato

Indice del costo della vita

Capitale iniziale
€.1.239,49
Rivalutazione
€.20.042,25
Capitale rivalutato
€.21.281,74
Per farla breve la casa gli è costata di fatto come un'odierna Fiat Punto ben accessoriata, ma di sicuro mi rammenterebbe seccato, leggendo questo post, che lui allora andava a lavorare sotto il sole in bicicletta, mica in macchina col climatizzatore come questi 'giovini' vissuti nella bambagia. Nella foto la mia casa, con i cerchi in lega ed i fari fendinebbia.
*L'asterisco si riferisce a somme attualizzate, in pratica portate dal valore passato a quello odierno utilizzando i dati Istat

Dividendo l'iperbolica cifra di € 21.281,74=* per 360, quante sono le rate che devo pagare per il mutuo, ricavo l'importo di ogni singola scadenza, pari ad € 59,11=*. Vero è che, per semplicità, non mi sono avventurato nel calcolo degli interessi, al tempo suscettibili di tassi superiori al 20% (perchè l'inflazione andava al galoppo). E neanche mi interessa poichè io pago più di 13 volte tanto, il 1300% in più. Di sicuro vinco io. Ma ragioniamo da un'altra prospettiva, valutando cos'erano nel 1968 i bistrattati 1.000,00 €, croce della popolazione dipendente, e che proporzione avevano rispetto al costo reale dell'abitazione:
Data decorrenza
Gennaio 1968
Data scadenza
Settembre 2007
Indice utilizzato

Indice del costo della vita

Capitale iniziale
€.58,24
Rivalutazione
€.941,76
Capitale rivalutato
€.1.000,00
Mille euro, viaggiando indietro nel tempo, corrisponderebbero dunque ad € 58,24 (£ 112.770), parametro che ci permette un confronto alla pari tra dipendenti nelle stesse non eclatanti posizioni salariali, nel 1968 e 2007, con un paio di semplici operazioni:
  1. 1968: £ 2.400.000/£ 112.770= 21,28 mensilità salariali per l'acquisto dell'immobile;
  2. 2007: € 195.000,00/€ 1.000,00 = 195 mensilità salariali per l'acquisto dell'immobile.
Stiamo parlando della stessa casa! Come faccio a non incazzarmi?

IL PANIERE. Il mio personale paniere, non quello Istat che considera il costo della benzina rossa, e forse anche del carbone e della polvere per l'Idrolitina, sino al 2001 si componeva delle seguenti voci: n° 1 quotidiano (£. 1.000), n° 1 pacchetto di sigarette (£.4.000), n° 1 caffè al bar (£. 1.500), n° 1 spritz (sono veneto; £. 1.500), n° 1 tramezzino (£. 1000), n° 6 litri di gasolio per andare e tornare dal lavoro (£. 10.176), per un totale di tonde tonde £. 19.176 pari ad € 9,90=. Ora, invece, per acquistare le stesse cose devo spendere come segue: n° 1 quotidiano (€ 1,00), n° 1 pacchetto di sigarette (€.4,10), n° 1 caffè al bar (€ 1,00), n° 1 spritz (resto veneto; € 1,50), n° 1 tramezzino (€ 1,30), n° 6 litri di gasolio per andare e tornare dal lavoro (€ 6,90) per un totale di tondi tondi € 16,10= pari a £. 31.174. Il 62% in più. I dati sono miei e non mi faccio prendere per i fondelli da qualche sapiente che mi vuole convincere che sono il solito bastian contrario.

Stiamo parlando delle stesse cose!
Come faccio a non incazzarmi?

LA PENSIONE. Nel senso di rendita permanente corrisposta dallo Stato o altro Ente, che mi permetta di vivere al limite della decenza non ce l'avrò. Per quanto esposto poco più sopra non avrò nemmeno la possibilità economica di farmene una di complementare. Ergo, premesso che fino a 72 anni dovrò lavorare per pagare il mutuo della casa, quando (e se) ne avrò 73 la dovrò vendere per campare, almeno fino a quando, secondo la statistica (pag. 5), non mi metteranno sotto 2 metri di terra, vale a dire appena 4 anni dopo. Se oggi nutro qualche comprensibile perplessità sulla mia serena vecchiaia, mi rinfranca la consolazione che lo Stato, tramite la Rai, mi dimostra in quali difficoltà si trovino le migliaia di pensionati pubblici quarantenni, che pago a suon di bestemmie. Pensate che sono costretti ad emigrare e mangiare lumache per sopravvivere, tipo Viviana Bazzani, 44 anni, poliziotta in pensione. Tiè!

Ho 42 anni e la mantengo all'Isola dei Famosi! Come faccio a non incazzarmi?

LO STATO LIBERISTA. Quando ci penso mi vengono subito alla mente le assicurazioni, che dal 1° luglio 1994 hanno finalmente potuto contendersi i clienti a suon di ribassi delle tariffe, che risulterebbero (imprevedibilmente) aumentate, in alcuni casi, fino al 300%. Se il buon giorno si vede dal mattino, ed anche un qualsiasi pirla impara dai propri sbagli, non si capisce per quale motivo si insista nel selvaggio laissez faire. Ogni volta che sento Bersani parlare della "grande distribuzione" e del libero mercato mi viene l'affanno. Bravi, buttatevi sulle grandi catene economiche filantropiche, così si faranno concorrenza in 5 per venderci tutto quello che ci serve. Non ce l'ho con lui, ma trovo singolare che un ministro di sinistra, affezionato alle 'tute blu' come la nonna della pubblicità all'Ace Gentile, non riesca a capire che quando sostituisci il cittadino con l'azionista lo prendi spesso, se non sempre, nel culo. La cosa buffa è che lui lo fa perchè ci crede proprio, non è neanche proprietario di: assicurazioni, finanziarie, supermercati, giornali, televisioni, squadredicalcio, etc. etc..

Sono di destra e neanche i comunisti se la prendono più con i capitalisti! Come faccio a non incazzarmi?

I POLITICI, IL NUOVO CHE AVANZA. Per finire una fugace panoramica sulle personalità politiche che nel nostro paese, e nell'attuale situazione politica, accedono alla "stanza dei bottoni", a vario titolo, e che si impegnano per regalarci un futuro migliore, un lavoro, una casa, una vecchiaia, una prospettiva
  1. Presidente della Repubblica: Giorgio Napolitano, di anni 82
  2. Capo del Governo: Romano Prodi, di anni 68
  3. Capo dell'opposizione: Silvio Berlusconi, di anni 71
  4. Senatore Francesco Cossiga, di anni 79
  5. Senatore Sergio Pininfarina, di anni 81
  6. Senatore Carlo Azeglio Ciampi, di anni 86
  7. Senatore Emilio Colombo, di anni 87
  8. Senatore Giulio Andreotti, di anni 88
  9. Senatore Oscar Luigi Scalfaro, di anni 89
  10. Senatrice Rita Levi Montalcini, di anni 98
Hanno tutti finito di lavorare, già comprato una casa, incassato una congrua pensione e risolto i problemi della vecchiaia. Credo, sinceramente, che non abbiano alcuna conoscenza dei problemi quotidiani della popolazione, che non conoscano il prezzo di un litro di latte o di una bottiglia di minerale (se nessuno lo suggerisce).
Mi permetto solo un proverbio: "Al macello van più capretti giovani che vecchi"

Come faccio a non incazzarmi?