lunedì 18 febbraio 2008

UN KOSSOVO NEL NOSTRO PAESE - PURA FANTASIA?

Quando penso alla geografia che mi insegnavano alle scuole medie, in pieni anni '80, mi viene letteralmente da ridere.
La Jugoslavia, in particolare, mi si è dissolta davanti nel volgere di neanche 17 anni, perdendo per strada Slovenia, Croazia, Bosnia Erzegovina e, da ieri, il Kossovo.
Ricordo di averla attraversata tutta partendo dall'Austria in macchina con degli amici, studenti e come me privi del passaporto, diretti in Grecia per le vacanze.
Chissà per quale stravagante motivo non si poteva attraversare il confine a Trieste con la carta di identità, ma con quel documento si poteva tranquillamente entrare in Austria e da qui in Jugoslavia.
Il viaggio di due giorni è stato epico, tra paesaggi tiroleseggianti in Slovenia, orripilo-modernisti a Belgrado, arabeggianti a Skopie.
L'abbiamo fatta per tre anni di seguito ed era una vacanza dentro la vacanza, tanto le città erano diverse tra loro.
A Lubiana sembrava di essere a Vienna, Belgrado ricorda la periferia di Mestre, Skopie invece è ricca di testimonianze turche e presenta numerosi minareti.
Tito aveva fatto fino al 1980 la cerniera tra questi lembi anche culturali, provvedendo di tanto in tanto a mescolare le popolazioni tra loro perché i nazionalismi non fossero troppo accesi.
Morto lui è andato tutto a puttane, compresi gli interminabili film sui partigiani di Tele Capodistria, le mie prime tette sul piccolo schermo e le cronache sportive di Sergio Taucer e Bruno Petrali.
Oggi di quei tragitti agostani in Fiat Uno Fire 1000 (rigorosamente a 3 porte, senza a/c nè deflettori) restano 6 nuovi confini: Slovenia-Croazia, Croazia-Bosnia, Bosnia-Serbia, Serbia-Kossovo, Kossovo-Montenegro, Montenegro-Grecia.
Se a quel tempo un mio coetaneo serbo avesse percorso l'Italia per andare in vacanza a Taormina, avrebbe percepito le mie stesse sensazioni?
Perché non è ragionevole sostenere a priori che non avrebbe trovato terreno idoneo per svolgere considerazioni simili.
Formattiamo per un attimo la nostra cultura scolastica post-risorgimentale per effettuare un volo virtuale sopra Trieste, Milano, Bologna, Firenze, Roma, Napoli, Reggio Calabria, Palermo.
Non possiamo negare che vi siano delle diversità molto sensibili, tra queste città, mitigate fortemente dal comune sentire cattolico, che ci piaccia oppure no.
E se ci pensiamo è troppo facile contrapporre Piazza dell'Unità d'Italia nel capoluogo giuliano con le recenti immagini sconce dei cumuli di pattume, ma anche puerile ignorare che 138 anni di Unità d'Italia non sono un periodo sufficientemente lungo per creare ideologie e sentimenti monolitici.
Il messaggio che ci proviene dal Kossovo è esattamente di questo tenore, appena fuori dall'uscio di casa nostra, non nella profonda steppa ex-sovietica.
Al di là delle motivazioni economiche, indubbiamente, mancava la più intima volontà nella maggioranza della popolazione di rimanere serba.
Potrebbe ripetersi nel nostro paese? Potrebbe una parte dell'Italia, sufficientemente coesa, decidere di rendersi autonoma?
Una identità nazionale veneta o lombarda o friulana, o napoletana o siciliana esistono e possono forse avere una propria riconosciuta dignità? Non hanno forse una propria lingua, una patrimonio letterario in quella lingua, un proprio teatro, proprie peculiarità giuridiche, artistiche e musicali, un territorio individuato sul quale stanziare. Perché non potrebbero mettere in discussione l'attuale assetto della penisola?
Possono sembrare cazzeggi mentali della mezzanotte e dintorni, ma ritengo siano domande alle quali dover dare una risposta.
Gli spagnoli, per inciso, hanno confermato il proprio no al riconoscimento dell'indipendenza kossovara, per comunicare che un bis nei Paesi Baschi e nelle altre Comunidad non è nemmeno proponibile.
L'Italia, invece, si schiera con i titani dell'amor di Patria: inglesi, francesi, e tedeschi, quando però da noi esistono spinte autonomiste anche 'sedimentate' in alcuni territori, come quelle avanzate per la creazione della terrificante Padania (se non altro per il nome).
Io credo che da noi il rischio di pulsioni indipendentiste sia concreto ma non imminente, e che solo una generosa e schietta riforma in senso federalista possa garantire una lunga futura Unità statale.
Uno Stato che trattiene per sè Politica Estera, Potere Giudiziario, Forze Armate, Potere di 'Battere Moneta' farebbe quell'opportuno passo indietro che consentirebbe di incanalare ogni suggestione indipendentista ormai nemmeno necessaria.
Senza considerare sulla efficienza che probabilmente ne ricaveremo.
Abbiamo qualche anno per evitare un Kosovo dentro casa.
Almeno questo è ciò che penso.

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